L’impatto dell’ Ego nei manager e nei top performer.

Concentriamoci un po’ sulla vita dei manager o di coloro che svolgono attività ad alte performances.

Per questa tipologia di persone è importante mantenere un bilanciamento vita-lavoro equilibrato, il cosiddetto work-life balance, ma questo è un concetto banale, risaputo e alquanto inflazionato.

Avere consapevolezza della propria posizione personale in relazione a quella professionale e trovarsi in equilibrio tra quelli che sono i propri interessi e i valori discordanti, come possono essere, nel caso di un manager, l’organizzazione aziendale in cui si trova immerso incastrato tra l’azionista e i suoi dipendenti per intenderci è il primo passo per evitare il “burn out” o nel medio lungo termine, crisi personali o familiari.

Il mantenimento di un distacco emotivo da queste tre situazioni richiede un radicamento personale veramente molto profondo per evitare di soffrire, andare in difficoltà, accumulare stress e avere disfunzioni psicosomatiche oppure, cadere nel lato opposto della problematica, ovvero subire uno scollamento completo dal proprio sé, con conseguente inibizione dell’empatia che porta a diventare una sorta di automa spietato ed esageratamente pieno di se.

Entrambe queste strade sono deleterie e sarebbe meglio evitarle. Come fare quindi?

Sostanzialmente si deve partire da una distinzione di fondo tra ciò che si è realmente e la posizione che si occupa nella società e quindi in azienda.

Troppo spesso chi ricopre ruoli di questo tipo si identifica con la propria professione, arrivando proprio a presentarsi con la propria qualifica: “Io sono un manager”, “io sono un CEO”. È una visione distorta della propria identità, perché è solo una parte dell’esistenza questa. Io ad esempio, non dico mai “Sono un trainer”, ma “Io sono Cristiano e faccio il trainer”, che ha un significato ben diverso.

Questo infatti è un passaggio fondamentale nell’identificazione di sé, perché crea una divisione tra lavoro e persona. In questo modo si è meno soggetti a subire gli alti e bassi dell’attività lavorativa, che sono inevitabili, ma che non dipendono dall’individuo e che non devono straripare nella condizione principale del proprio benessere personale. La solidità di un essere umano non deve essere scalfita o determinata della sfera professionale, ed è pe questo che l’identità personale deve viaggiare su un binario dedicato e parallelo.

Partendo da questo principio fondamentale si può arrivare al bilanciamento tra famiglia, vita privata e lavoro, che devono essere messi su piani differenti ma ugualmente importanti. Occorre dedicarsi alle diverse sfere con il medesimo sforzo e tenendo sempre presente che tutto ciò che viene trascurato ora ci darà un dispiacere o un problema nel futuro, perché è l’innesco di uno sbilanciamento emotivo, inizialmente lieve e nel tempo catastrofico.

Ed è proprio nel presente che si deve operare per non arrivare troppo tardi a cercare la soluzione, soprattutto perché aspettare il futuro potrebbe essere troppo tardi per risolvere problemi che ormai saranno diventati troppo grandi per essere affrontati e risolti con equilibrio.

Sto parlando sì di situazioni relazionali, ma anche di salute, perché situazioni come la privazione di sonno, la vita frenetica, l’ accumulo di stress, possono far comparire innumerevoli patologie sia fisiche che psicologiche ed è proprio ciò che si vuole evitare.

Queste mie parole potrebbero sembrare scontate e la maggior parte delle persone può trovarsi d’accordo, ma nella realtà dei fatti non è così semplice. Questo perché le dinamiche a cui le persone ad alto potenziale sono sottoposte funzionano pressoché come le sostanze stupefacenti.

Non si casca nel burnout a caso, ma perché all’inizio le situazioni di iperattività e la corsa sfrenata agli impegni e il continuo movimento creano euforia, entusiasmo e una sensazione di importanza che fomenta l’ego, tant’è che in alcuni casi sfocia in un vero e proprio delirio di onnipotenza.

È facile cadere in questo tranello, ma in realtà è una mera illusione e basta guardare il mondo da una prospettiva più ampia per rendersi conto che tutta quell’importanza in realtà è fittizia. Pensaci un attimo: siamo quasi 8 miliardi su questo pianeta e nessuno, nemmeno il presidente della nazione più potente del mondo quando si guarda attorno non vedrà qualcuno un gradino sopra di lui in qualcosa. Bisogna rendersi conto che siamo esseri umani, mortali e con dei limiti, ma non in senso negativo, perché questa in realtà è la nostra più grande fortuna.

Ma senza andare così lontano nella nostra visione, basterà dare un’occhiata al ruolo che si riveste all’interno dell’azienda e della società, scandagliare le influenze che coesistono tra i vari livelli di management, per capirlo.

La solidità personale quindi permette di affrontare queste situazioni con un’emotività altamente consapevole, al fine di compiere scelte lucide senza compromettere l’equilibrio delle varie sfere che caratterizzano l’esistenza. Chi compie scelte in uno stato emotivo alterato è quasi sicuro che farà qualcosa di sconsiderato.

Cristiano Paolini

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